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Contea inglese è il titolo che Ezio Comparoni aveva pensato di assegnare alla raccolta dei suoi saggi sugli scrittori stranieri, pubblicati con vari pseudonimi negli anni Quaranta in giornali e riviste, tra cui «Il Contemporaneo» e «Paragone».
Gli autori che D’Arzo analizza per singoli aspetti sono Shakespeare e Defoe, Stevenson e Conrad, Kipling e T.E. Lawrence, Hemingway e Henry James, ma anche Villon e Maupassant, da buon «lettore di provincia» intento a formarsi a sua volta come narratore. Questa nuova edizione presenta l’aggiunta di un’ “inchiesta sulla narrativa”, quasi una dichiarazione di poetica, scritta in contemporanea all’uscita del romanzo d’esordio, e dalla Prefazione al romanzo mai scritto Nostro lunedì di Ignoto del XX secolo, progettato poco prima della morte. Il libro si completa con un breve racconto adolescenziale, a mo’ di prologo, incentrato sulle emozioni di un poeta esordiente, Il primo libro, e con una fiaba incompiuta, Una storia così, a mo’ di epilogo, che riunisce i protagonisti delle maggiori storie per ragazzi, Alice e Topolino, Long John Silver e Pinocchio, la Bella addormentata, Tarzan e i nani di Gulliver. L’insieme di questi testi, attraverso un multiforme dialogo con i personaggi letterari e con gli scrittori da lui prediletti, contribuisce a rivelare quale lettore fosse Ezio Comparoni e quale scrittore si apprestasse a diventare Silvio D’Arzo nella maturità artistica che la morte precoce gli impedì di raggiungere.
Già che ci sono, piuttosto, vorrei augurare a ogni uomo dopo aver fatto tutti i mestieri del mondo, di arrivare un giorno a scrivere un grosso romanzo (bello o no poco importa: affar suo, semplicemente questione di stella): di impiegarci due anni e anche tre o magari anche un bel pezzo di vita. Ma lo dico sul serio: non ho la minima idea di scherzare. Tutti gli uomini fra i trenta e i quaranta non farebbero male a fermarsi un momento: poi guardarsi e guardare anche gli altri e scrivere un grosso romanzo col più gran numero di personaggi possibili. Ne varrebbe la pena. Moltissime cose, suppongo, e magari anche i soldi e l’amore e il desiderio di vincere e il gelo della delusione, non dovrebbero poi avere più una così ossessiva importanza.
Silvio D’Arzo, uno dei molti pseudonimi scelti da Ezio Comparoni (nato nel 1920 e morto nel 1952 a Reggio Emilia) deriva dall’aggettivo arzan che in dialetto significa appunto reggiano. E dalla provincia emiliana, infatti, il giovane scrittore non si spostò mai, se non brevemente per studiare all’università di Bologna e per fare il militare. Quindicenne pubblicò a sue spese una plaquette di diciassette poesie, Luci e penombre, e una raccolta di sette racconti, Maschere, cui seguirono, nel corso degli anni Quaranta, altri racconti e saggi letterari apparsi su alcune delle riviste più importanti del tempo. La maggior parte delle sue pagine rimase inedita fino dopo la morte. Casa d’altri, il romanzo breve per cui D’Arzo è per lo più conosciuto, uscì postumo nel 1952 sulla rivista «Botteghe oscure» e in volume l’anno seguente presso Sansoni; ora è riproposto nel catalogo di questa casa editrice, così come Il pinguino senza frac (con le illustrazioni di Sonia Maria Luce Possentini – premio The White Ravens 2016).
anno: 2017
pagine: 214
formato: 14×21 cm
ISBN: 978-88-98420-55-1